Tradurre i marchi registrati americani e inglesi in italiano. Quanto aiutano i dizionari bilingui?
Cristiano Furiassi
Durante il processo traduttivo ci si trova a volte a confrontarsi con marchi registrati (Baker, 1992). Nonostante l’egemonia economico-commerciale degli U.S.A. abbia influenzato ampi settori, anche linguistici, della cultura italiana dalla seconda metà del secolo scorso, a volte un marchio registrato viene lessicalizzato diversamente in italiano e in inglese. Inoltre, i marchi registrati inglesi e americani non sono sempre identici: vi sono alcune differenze che obbligano il traduttore a compiere scelte ponderate. Come fare quindi per tradurli?
Alcuni nomi propri, spesso usati per estensione con il valore di nomi comuni, sono propriamente marchi registrati o nomi commerciali 1. Questi tipi di nomi possono essere ricondotti a quattro casi principali (Zardo, 1996: 373, 374): a) l’azienda detiene un brevetto esclusivo, nel qual caso la parola, anche qualora sia passata a un senso generico,
continua a distinguere solo il prodotto di quella particolare azienda, in quanto tale prodotto non è imitabile o riproducibile legalmente da altri (es. Coca Cola®™); b) il nome del marchio è usato per indicare lo specifico prodotto o il tipo di prodotto in generale (es. Walkman®™, Nylon®™); c) l’azienda ha svariati prodotti ma il marchio registrato si associa a uno solo in
particolare (es.
Kleenex®™); d) il nome del marchio non basta a distinguere in modo specifico un prodotto (es. Toshiba®™).2
In primo luogo, partendo da un’analisi di alcuni dizionari bilingui (DIGLI, Oxford-Paravia, Picchi, Ragazzini), il presente contributo intende mostrare alcune tendenze lessicografiche, sia quantitative sia qualitative, nella traduzione dei marchi registrati dall’inglese all’italiano. Dal punto di vista quantitativo, dopo uno spoglio preliminare della
versione elettronica del dizionario Oxford-Paravia, risulta che in inglese vi sia quasi il doppio dei marchi registrati utilizzati in italiano: 221 contro 129.3 Di 221 marchi, 25 appartengono esclusivamente alla sfera dell’inglese britannico mentre 16 a quella dell’inglese americano.
Dal punto di vista qualitativo, per quanto riguarda la traduzione dei marchi registrati dall’inglese all’italiano, il traduttore si trova a dover affrontare quattro casi distinti: a) il marchio registrato ha una dimensione ‘internazionale’ ed è quindi tradotto con lo stesso lemma (es. Polaroid®™); b) il marchio registrato ha una duplice lessicalizzazione nelle due lingue
ma può essere pur sempre tradotto con un marchio registrato in italiano (es. Coke™ > Coca Cola®, Windbreaker™ > K-Way®, ATM™ > Bancomat®, Sellotape™ > Scotch®); c) il marchio registrato non ha un corrispondente in italiano e deve quindi essere tradotto con un nome comune o con una perifrasi (es. Xerox™ > fotocopiatrice); d) ci
sono differenze tra marchi registrati in inglese britannico (es. Tipp-Ex™ > bianchetto, Hoover™ > aspirapolvere) e in inglese americano (es. Popsicle™ > ghiacciolo, Jell-o™ > gelatina alla frutta).
Infine, con l’ausilio di alcune voci incluse nei dizionari bilingui analizzati, il presente contributo si propone di verificare se e come tali dizionari possano essere d’aiuto nella pratica traduttiva relativa ai marchi registrati.
Bibliografia
a. Dizionari
Hazon, M. (ed.) 2004. Dizionario interattivo Garzanti della lingua inglese. Milano: Garzanti - Campobasso: Novamedia. (DIGLI)
Oxford Paravia
.2001. Il dizionario inglese-italiano italiano-inglese. Torino: Mondadori Paravia - Oxford: Oxford University Press - Torino: Dima Logic. (Oxford-Paravia)
Picchi
, F. (ed.) 2003. Grande dizionario inglese-italiano italiano-inglese. Milano: Hoepli - Trento: I.CO.GE Informatica. (Picchi)
Ragazzini
, G. (ed.) 2005. Il Ragazzini 2006. Dizionario inglese-italiano italiano-inglese. Bologna: Zanichelli - Trento: I.CO.GE Informatica. (Ragazzini)
b. Libri e articoli
Baker, M. 1992. In Other Words. London and New York: Routledge.
Bayley
, P. e F. San Vicente (eds.) 1998. In una Europa plurilingue. Culture in transizione. Bologna: CLUEB.
Ferrario
, E. e Pulcini, V. (eds.) 2002. La lessicografia bilingue tra presente e avvenire. Vercelli: Edizioni Mercurio.
Furiassi
, C. (in stampa). ‘How jolly is the joker? Problemi di traducibilità dei falsi anglicismi’ in E. Banfi, L. Gavioli, e M. Vedovelli (eds.), Atti del V congresso dell’Associazione Italiana di Linguistica Applicata (AItLA). Bari, 17-18 febbraio 2005. Perugia: Guerra Edizioni.
Giovanardi
, C. e Gualdo, R. (eds.) 2003. Inglese-italiano 1 a 1. Tradurre o non tradurre le parole inglesi? San Cesario di Lecce: Piero Manni.
Iamartino
, G. 2001. ‘La contrastività italiano-inglese in prospettiva storica.’ Rassegna Italiana di Linguistica Applicata, XXXIII, 2,3: 7-130.
Migliorini
, B. 1968. Dal nome proprio al nome comune. Firenze: Olschki.
Ephratt
, M. 2003. ‘Genericness: The Passage from a Word Mark to a Lexeme.’ Semiotica, 146, 1-4: 393-417.
San Vicente
, F. (ed.) 2002. L’inglese e le altre lingue europee. Studi sull’interferenza linguistica. Bologna: CLUEB.
Snell-Hornby
, M., Pohl, E. and Bennati, B. (eds.) 1989. Translation and Lexicography: Papers read at the EURALEX Colloquium held at Innsbruck 2-5 July 1987. Amsterdam: John Benjamins.
Zardo
, F. 1996. ‘Nomi di marchio e dizionari.’ Studi di lessicografia italiana, XIII: 365-392.
1 I simboli ‘®’ e ‘™’ sono utilizzati per indicare lo status di ‘marchio
registrato’ o ‘trademark’ rispettivamente in italiano e in inglese. Quando un marchio registrato è identico in italiano e in inglese si utilizza ‘®™’.
2 I marchi di questo tipo non sono solitamente registrati dai dizionari.
3 Il problema della traduzione dei marchi registrati esiste anche quando si traduce dall’italiano all’inglese. A volte in italiano si trovano dei marchi che non hanno un esatto
traducente in inglese (es. Autogrill® > motorway restaurant, Spider®
> convertible, Ticket Restaurant® > meal ticket).